Dal 2015, la casa di proprietà inciderà nell’Isee in base al suo valore ai fini IMU e non più ai fini ICI,
aumentando il valore fiscale degli immobili del 60%. Un problema non da
poco quello che si presenta visto che nella vecchia Ici esisteva la franchigia da 51.646 euro che invece con l’Imu è stata abolita.
Questo
comporterà un innalzamento del valore degli immobili ai fini Isee in
maggior misura per le case di valore fiscale inferiore. Chi però ha
ancora il mutuo da estinguerepotrà ottenere un vantaggio: infatti nel nuovo Isee, il debito residuo con la banca va sottratto dai calcoli.
Tuttavia, in generale, chi possiede una casa di proprietà sarà considerato più ricco rispetto al passato
e non potrà accedere a una serie di servizi sociali agevolati quali
asili nido e borse di studio di cui in precedenza usufruiva.
Il caso più volte riportato è quello dell’immobile di 60 mila euro che con l’Ici valeva 1.671 euro nel vecchio Isee, con l’Imu varrà invece ben 5.800 euro.
Ai
fini Ici infatti il valore era dato dal 20% di 8.354 euro, risultato
della sottrazione fra 60mila e la franchigia da 51.646 euro. Ora, dal 1°
gennaio 2015 l’Isee per quell’immobile si alzerà di 5.800 euro, con un
aumento del 247,1% rispetto a prima.
Se da un lato con le nuove
norme il valore dell’immobile va ridotto di un terzo prima di farlo
rientrare nel patrimonio del contribuente, dall’altro non riesce a
pareggiarne l’incremento apportato nel calcolo della ricchezza che ne
consegue dall’Imu. E più aumenta il valore dell’immobile, meno impatto
se ne ottiene nell’Isee.
Unica consolazione rimane per chi ha ancora un mutuo sulla casa aperto: nel nuovo Isee si potrà sottrarre il debito residuo con la banca dai calcoli.
Le
nuove regole sulla Dichiarazione Sostitutiva Unica seppur introducendo
un abbattimento automatico di un terzo, ovvero una riduzione pari al 33%
prima di inserirlo tra i dati del patrimonio e quindi assoggettarlo al
20% per la determinazione dell’indicatore, introducono una condizione di sfavore per gli immobili di valore fiscale minore. Questo è quanto anche evidenziato Confedilizia in un comunicato stampa del 13 novembre scorso.
Un
alto numero di proprietari di casa pertanto, pur trovandosi in una
situazione economicamente peggiore, si vedrà negate agevolazioni sulle
prestazioni di natura sociale e assistenziale, quali la riduzione delle
rette degli asili nido, riduzione del costo delle mense scolastiche,
assegni familiari, assegni di maternità, agevolazioni per utenze gas,
telefono, elettricità o l’ esenzione per le prestazioni sanitarie.
http://www.fiscal-focus.info/fisco/il-nuovo-isee-beffa-la-casa,3,24724
mercoledì 19 novembre 2014
giovedì 6 novembre 2014
LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE CON UN OCCHIO AL PRESENTE (LE AGEVOLAZIONI FISCALI) E UNO AL FUTURO (LA PENSIONE AGGIUNTIVA)
In Italia la previdenza
complementare è ancora oggetto di scetticismo. Forse non c’è stata ancora
una giusta sensibilizzazione sull’argomento. Forse, abituati al benessere
garantito degli istituti pubblici, sono pochi i lavoratori giovani che si informano
sul proprio futuro previdenziale. In realtà la spesa pubblica per le pensioni
di ogni tipo non è più sostenibile, in una situazione in cui l’economia è ferma
e ci sono vincoli internazionali da rispettare. Inoltre c’è un fattore
generazionale e demografico. L’aspettativa di vita per chi esce dal mondo del
lavoro, fortunatamente, è sempre più alta, ma, dall’altro lato, i pochi che
entrano nel mercato del lavoro, e che in
pratica pagano le pensioni di chi è già uscito, si devono accontentare di
contratti atipici, precari, temporanei, e di conseguenza i
contributi che vengono versati nelle casse degli istituti previdenziali,
pubblici e privati, sono inferiori rispetto alle uscite.
La riforma Fornero delle pensioni ha concluso un
percorso iniziato già negli anni ’90, sancendo il passaggio
definitivo dal metodo di calcolo retributivo (più vantaggioso per il lavoratore
ma più oneroso) a quello contributivo (si percepisce tanto
quanto si ha versato). Un passaggio che non ha interessato solo l’Inps, ma
anche le casse private dei professionisti a cui lo Stato ha chiesto di rendersi
sostenibili. Ciò ha comportato che, anche per tutte le categorie di lavoratori
le aspettative sugli importi sono da rivedere al ribasso rispetto a quanto
percepito nella vita lavorativa: si parla di una media del 55% dello stipendio,
contro l’80% di chi andava in pensione col metodo retributivo.
C’è da considerare, poi, un’altra variabile, ovvero
la non-crescita
del Pil. Nel calcolo della pensione con metodo contributivo, il
montante è rivalutato sul tasso di crescita del Prodotto interno lordo, ma se
questo è pari a zero o, peggio, è negativo, ne vanno di mezzo anche gli importi
delle pensioni.
Insomma, date queste premesse, le conclusioni sono
facili da trarre: i futuri pensionati avranno assegni ben più bassi rispetto
allo stipendio e ai loro predecessori.
Ma quando conviene cominciare a pensare alla
propria pensione integrativa? Non è possibile indicare un’età precisa, ma
sicuramente più si è giovani e meglio è. Chi adesso inizia a lavorare, infatti,
sarà quasi sicuramente un anziano di domani con più difficoltà economiche di
quelli di oggi.
Ecco perchè, secondo quanto affermano molti esperti della materia pensionistica, migliorerà la propria situazione futura se ora ha la lungimiranza di cominciare a programmare il proprio futuro pensionistico.
I motivi che dovrebbero spingere un giovane verso la previdenza complementare sono più di uno.
Aderire presto a questo sistema pensionistico permetterà, in caso di necessità, di avere diritto prima alle anticipazioni previste ad esempio per l’acquisto o ristrutturazione della prima casa, per disoccupazione o per malattia. La scelta può essere fatta, versando le quote necessarie, perfino dal genitore per il figlio adolescente, non ancora entrato nel mondo del lavoro. Inoltre l’adesione alla pensione integrativa non ha solo i vantaggi legati alla possibilità di garantirsi un assegno previdenziale più sostanzioso. Sono previste, infatti, specifiche agevolazioni.
Ecco perchè, secondo quanto affermano molti esperti della materia pensionistica, migliorerà la propria situazione futura se ora ha la lungimiranza di cominciare a programmare il proprio futuro pensionistico.
I motivi che dovrebbero spingere un giovane verso la previdenza complementare sono più di uno.
Aderire presto a questo sistema pensionistico permetterà, in caso di necessità, di avere diritto prima alle anticipazioni previste ad esempio per l’acquisto o ristrutturazione della prima casa, per disoccupazione o per malattia. La scelta può essere fatta, versando le quote necessarie, perfino dal genitore per il figlio adolescente, non ancora entrato nel mondo del lavoro. Inoltre l’adesione alla pensione integrativa non ha solo i vantaggi legati alla possibilità di garantirsi un assegno previdenziale più sostanzioso. Sono previste, infatti, specifiche agevolazioni.
Durante la vita lavorativa i versamenti a carico
del lavoratore e del datore di lavoro sono dedotti
dal reddito imponibile, entro il limite di 5.164,57 euro. Il risparmio
fiscale generato sarà minimo del 23 per cento (aliquota Irpef minima
applicabile).
C’è poi il concetto di reversibilità, cioè la
possibilità, pagando una quota addizionale, di “spostare” la rendita della
pensione a favore del coniuge o di un parente stretto in caso di decesso del
titolare.
Ma come si fa a sapere quale soluzione scegliere? Partiamo
dall’assunto che non ci sono soluzioni preconfezionate. E’ necessario prima
fare una stima del gap e poi, sulla base delle proprie esigenze, individuare la
formula più appropriata, chiedendo un supporto a un consulente preparato.
GiottoStudio
vuole sensibilizzare sull’argomento e Ti invita all’incontro gratuito che si
terrà giovedi 13 novembre presso l’Hotel
Contà a Pieve di Soligo.
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