mercoledì 19 novembre 2014

IL NUOVO ISEE BEFFA LA CASA

Dal 2015, la casa di proprietà inciderà nell’Isee in base al suo valore ai fini IMU e non più ai fini ICI, aumentando il valore fiscale degli immobili del 60%. Un problema non da poco quello che si presenta visto che nella vecchia Ici esisteva la franchigia da 51.646 euro che invece con l’Imu è stata abolita.
Questo comporterà un innalzamento del valore degli immobili ai fini Isee in maggior misura per le case di valore fiscale inferiore. Chi però ha ancora il mutuo da estinguerepotrà ottenere un vantaggio: infatti nel nuovo Isee, il debito residuo con la banca va sottratto dai calcoli.
Tuttavia, in generale, chi possiede una casa di proprietà sarà considerato più ricco rispetto al passato e non potrà accedere a una serie di servizi sociali agevolati quali asili nido e borse di studio di cui in precedenza usufruiva.

Il caso più volte riportato è quello dell’immobile di 60 mila euro che con l’Ici valeva 1.671 euro nel vecchio Isee, con l’Imu varrà invece ben 5.800 euro.
Ai fini Ici infatti il valore era dato dal 20% di 8.354 euro, risultato della sottrazione fra 60mila e la franchigia da 51.646 euro. Ora, dal 1° gennaio 2015 l’Isee per quell’immobile si alzerà di 5.800 euro, con un aumento del 247,1% rispetto a prima.
Se da un lato con le nuove norme il valore dell’immobile va ridotto di un terzo prima di farlo rientrare nel patrimonio del contribuente, dall’altro non riesce a pareggiarne l’incremento apportato nel calcolo della ricchezza che ne consegue dall’Imu. E più aumenta il valore dell’immobile, meno impatto se ne ottiene nell’Isee.
Unica consolazione rimane per chi ha ancora un mutuo sulla casa aperto: nel nuovo Isee si potrà sottrarre il debito residuo con la banca dai calcoli.

Le nuove regole sulla Dichiarazione Sostitutiva Unica seppur introducendo un abbattimento automatico di un terzo, ovvero una riduzione pari al 33% prima di inserirlo tra i dati del patrimonio e quindi assoggettarlo al 20% per la determinazione dell’indicatore, introducono una condizione di sfavore per gli immobili di valore fiscale minore. Questo è quanto anche evidenziato Confedilizia in un comunicato stampa del 13 novembre scorso.

Un alto numero di proprietari di casa pertanto, pur trovandosi in una situazione economicamente peggiore, si vedrà negate agevolazioni sulle prestazioni di natura sociale e assistenziale, quali la riduzione delle rette degli asili nido, riduzione del costo delle mense scolastiche, assegni familiari, assegni di maternità, agevolazioni per utenze gas, telefono, elettricità o l’ esenzione per le prestazioni sanitarie.

http://www.fiscal-focus.info/fisco/il-nuovo-isee-beffa-la-casa,3,24724

giovedì 6 novembre 2014

LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE CON UN OCCHIO AL PRESENTE (LE AGEVOLAZIONI FISCALI) E UNO AL FUTURO (LA PENSIONE AGGIUNTIVA)




In Italia la previdenza complementare è ancora oggetto di scetticismo. Forse non c’è stata ancora una giusta sensibilizzazione sull’argomento. Forse, abituati al benessere garantito degli istituti pubblici, sono pochi i lavoratori giovani che si informano sul proprio futuro previdenziale. In realtà la spesa pubblica per le pensioni di ogni tipo non è più sostenibile, in una situazione in cui l’economia è ferma e ci sono vincoli internazionali da rispettare. Inoltre c’è un fattore generazionale e demografico. L’aspettativa di vita per chi esce dal mondo del lavoro, fortunatamente, è sempre più alta, ma, dall’altro lato, i pochi che entrano nel mercato del lavoro, e che in pratica pagano le pensioni di chi è già uscito, si devono accontentare di contratti atipici, precari, temporanei, e di conseguenza i contributi che vengono versati nelle casse degli istituti previdenziali, pubblici e privati, sono inferiori rispetto alle uscite.
La riforma Fornero delle pensioni ha concluso un percorso iniziato già negli anni ’90, sancendo il passaggio definitivo dal metodo di calcolo retributivo (più vantaggioso per il lavoratore ma più oneroso) a quello contributivo (si percepisce tanto quanto si ha versato). Un passaggio che non ha interessato solo l’Inps, ma anche le casse private dei professionisti a cui lo Stato ha chiesto di rendersi sostenibili. Ciò ha comportato che, anche per tutte le categorie di lavoratori le aspettative sugli importi sono da rivedere al ribasso rispetto a quanto percepito nella vita lavorativa: si parla di una media del 55% dello stipendio, contro l’80% di chi andava in pensione col metodo retributivo.
C’è da considerare, poi, un’altra variabile, ovvero la non-crescita del Pil. Nel calcolo della pensione con metodo contributivo, il montante è rivalutato sul tasso di crescita del Prodotto interno lordo, ma se questo è pari a zero o, peggio, è negativo, ne vanno di mezzo anche gli importi delle pensioni.
Insomma, date queste premesse, le conclusioni sono facili da trarre: i futuri pensionati avranno assegni ben più bassi rispetto allo stipendio e ai loro predecessori.
Ma quando conviene cominciare a pensare alla propria pensione integrativa? Non è possibile indicare un’età precisa, ma sicuramente più si è giovani e meglio è. Chi adesso inizia a lavorare, infatti, sarà quasi sicuramente un anziano di domani con più difficoltà economiche di quelli di oggi.
Ecco perchè, secondo quanto affermano molti esperti della materia pensionistica, migliorerà la propria situazione futura se ora ha la lungimiranza di cominciare a programmare il proprio futuro pensionistico.
I motivi che dovrebbero spingere un giovane verso la previdenza complementare sono più di uno.
Aderire presto a questo sistema pensionistico permetterà, in caso di necessità, di avere diritto prima alle anticipazioni previste ad esempio per l’acquisto o ristrutturazione della prima casa, per disoccupazione o per malattia. La scelta può essere fatta, versando le quote necessarie, perfino dal genitore per il figlio adolescente, non ancora entrato nel mondo del lavoro. Inoltre l’adesione alla pensione integrativa non ha solo i vantaggi legati alla possibilità di garantirsi un assegno previdenziale più sostanzioso. Sono previste, infatti, specifiche agevolazioni.
Durante la vita lavorativa i versamenti a carico del lavoratore e del datore di lavoro sono dedotti dal reddito imponibile, entro il limite di 5.164,57 euro. Il risparmio fiscale generato sarà minimo del  23 per cento (aliquota Irpef minima applicabile).
C’è poi il concetto di reversibilità, cioè la possibilità, pagando una quota addizionale, di “spostare” la rendita della pensione a favore del coniuge o di un parente stretto in caso di decesso del titolare.
Ma come si fa a sapere quale soluzione scegliere? Partiamo dall’assunto che non ci sono soluzioni preconfezionate. E’ necessario prima fare una stima del gap e poi, sulla base delle proprie esigenze, individuare la formula più appropriata, chiedendo un supporto a un consulente preparato.

GiottoStudio vuole sensibilizzare sull’argomento e Ti invita all’incontro gratuito che si terrà giovedi 13 novembre presso l’Hotel Contà a Pieve di Soligo.