giovedì 5 novembre 2015

LA FATTURA DEVE RECARE LA CORRETTA DESCRIZIONE DELLE OPERAZIONI


Capita spesso di imbattersi in contestazioni dell’Agenzia delle entrate in merito alla descrizione inserita nelle fatture.
Dalla censura derivano, solitamente, due conseguenze:
  • la prima, relativa al comparto dell’Iva, in merito alla violazione delle prescrizioni dell’articolo 21 D.P.R. 633/1972;
  • la seconda, ben più pesante, relativa al disconoscimento del costo in capo al soggetto acquirente del bene o, più frequentemente, fruitore del servizio.
La Corte di Cassazione si è interessata di recente della vicenda (sentenza n. 21980/2015), pur se in relazione al solo comparto Iva; proviamo allora a trarre dalla pronuncia resa dai supremi giudici qualche spunto di ragionamento.
A seguito di un controllo, l’Agenzia delle entrate notificava ad una Srl tre distinti atti di contestazione, a mezzo dei quali irrogava le sanzioni previste dall’articolo 9 D.Lgs. 471/1997 per l'irregolare compilazione delle fatture da essa emesse nei confronti di altra SpA, stante la generica indicazione del loro oggetto descritto con la locuzione “servizi professionali, magazzinaggio, trasporto, tenuta contabile, marketing e promozione vendite".
A seguito di ricorso accolto dalla CTP, l’Agenzia delle entrate proponeva appello che veniva ulteriormente rigettato dalla CTR Lombardia, ritenendo i giudici che, sebbene si dovesse rilevare l'estrema genericità ed ampiezza della casistica relativa alle prestazioni effettuate, proprio in funzione di questa caratteristica andavano ritenute accettabili le ragioni addotte secondo cui, trattandosi di collaborazioni correnti da molti anni, la descrizione poteva anche ricomprendere quelle effettivamente prestate nei vari periodi.
L’Agenzia delle entrate ricorrente si duole dell'errore di diritto compiuto dal giudice d'appello nell'applicazione dell'articolo 21 D.P.R. 633/1972 e ciò in ragione di quanto affermato dalla stessa norma, posto che la soprascritta descrizione delle prestazioni recate dalle fatture esaminate non può considerarsi regolare.
Secondo la Corte di Cassazione il motivo è fondato, in quanto:
  • è richiesta l’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione;
  • la richiesta risponde ad oggettiva finalità di trasparenza e di conoscibilità, essendo funzionale a consentire l’espletamento delle attività di controllo e verifica da parte dell'Amministrazione finanziaria e, segnatamente, a consentire l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione;
  • l’indicazione generica dell’operazione fatturata che, come nella fattispecie, accorpi indistintamente in un’unica descrizione attività assai disparate sotto il profilo del contenuto, spaziando da attività materiali (trasporto e magazzinaggio) ad attività d’ordine (tenuta contabilità), ad attività a più alto contenuto di professionalità (promozione vendite) e ad attività del tutto generiche (servizi professionali e marketing), non soddisfa le finalità conoscitive che la norma intende assicurare.
Preso atto dell’evoluzione della vicenda (e, quindi, della conferma delle sanzioni per irregolare compilazione del documento), ci pare necessario proseguire l’analisi per cercare di comprendere come avrebbero dovuto essere compilate le fatture.
La Corte di Cassazione riprende il contenuto della norma ed afferma che, probabilmente, si doveva maggiormente descrivere i servizi prestati (trasporto e magazzinaggio di cosa, quando e come, quale promozione delle vendite, quale attività di marketing, ecc.).
Il fatto, invece, che sia ritenuto deplorevole l’accorpamento di prestazioni eterogenee su unico documento, non ci trova per nulla concordi; forse sarebbe cambiato qualche cosa se fossero state emesse distinte fatture per ciascun servizio prestato?
Evidentemente, l’estensore si è lasciato più facilmente “affascinare” da una descrizione di addebiti che hanno più il sapore di una sistemazione di rapporti economici tra differenti società, probabilmente non quantificate in modo preciso ma semplicemente relative ad un riaddebito di funzioni svolte dal personale di uno di detti enti.
E qui, allora, si può spingere il ragionamento in avanti, coinvolgendo anche la posizione del soggetto che ha ricevuto tali fatture.
Risulta infatti frequente il fatto che un costo supportato da documenti simili a quelli evocati nel caso di specie sia considerato come non sufficientemente supportato e, per conseguenza, giudicato come non deducibile.
Quindi, avremmo collezionato:
  • da un lato, la sanzione per genericità della descrizione, come a dire che le prestazioni sono state rese, ma è stata mal compilata la fattura;
  • dall’altro lato il disconoscimento del costo indebitamente fondato (a nostro giudizio) sulla eventuale patologia del documento, ma solo ai fini dell’Iva (carente compilazione della fattura).
In alcune ipotesi, poi, ci si spinge a considerare la fattura come relativa ad operazioni inesistenti, sempre partendo dalla carenza di descrizione delle prestazioni rese.
Si ha dunque modo di rilevare che il nostro sistema tributario dovrebbe agire per gradi, preliminarmente partendo dalla constatazione della esistenza della operazione.
Infatti, solo se l’operazione è stata materialmente realizzata si dovrebbe analizzare la correttezza del documento, eventualmente sanzionando i comportamenti non conformi rispetto alla norma (pur se rileviamo che, nel caso delle prestazioni di servizi, il confine tra esaustiva descrizione e generica descrizione finisce per dipendere unicamente dalla discrezionalità del verificatore, il quale prescinde – talvolta – da tutta una serie di circostanze, scambi documentali, corrispondenza, ecc. che ben possono avvalorare e supportare gli scambi).
Che poi, dalla carente descrizione delle prestazioni possa discendere la indeducibilità del costo in capo al committente è circostanza tutta da valutare, anche se la giurisprudenza si trova spesso “appiattita” sulle censure degli uffici; proprio dalla carenza di materialità dell’operazione deriva anche una difficoltà di documentazione a posteriori del servizio reso/ricevuto, magari a distanza di anni dalla sua esecuzione.
Si pensi al campo della consulenza professionale, ove risulta davvero difficoltoso “quantificare” il valore di un ottimo consiglio o suggerimento, magari circoscritto ad un colloquio verbale con il cliente. Fino a che punto deve spingersi la descrizione dell’operazione? Forse indicare “consulenza prestata in ambito di ….” è descrizione troppo generica?
E quando andiamo dal medico, l’indicazione sulla parcella “visita specialistica” è da ritenersi descrizione generica?
Insomma, ci pare che i messaggi che si possono trarre dalla sentenza non debbono essere generalizzati ma, più propriamente, analizzati caso per caso, valutati alla luce delle circostanze specifiche. Purtroppo, però, il precedente resta, e qualcuno potrà sempre sanzionare il comportamento del contribuente evocando la sentenza della Corte di Cassazione.
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martedì 3 novembre 2015

CERTIFICAZIONE UNICA IN SOSTITUZIONE DEL 770


Il Ddl Stabilità 2016 (art. 49) prevede che le trasmissioni telematiche delle certificazioni uniche effettuate all’agenzia delle entrate entro il termine del 7 marzo siano “equiparate a tutti gli effetti alla esposizione dei medesimi dati” del Modello 770.
La nuova disposizione di legge, se sarà confermata anche dopo il complesso iter di conversione alle Camere, prevede così la semplificazione dell’attuale impianto normativo attribuendo valore dichiarativo alla Certificazione unica.
Anche se il testo normativo, così come presentato nel Ddl, non è esente da dubbi sull’applicazione pratica tutto lascia presagire che potranno essere evitate inutili duplicazioni di informazioni.
Se infatti, veramente la Cu assumerà valore dichiarativo, potrà essere elusa la compilazione del modello 770 semplificato.
Come dice la relazione di accompagnamento alla legge di Stabilità 2016, tale conquista è stata resa possibile anche grazie alle insistenze da parte degli organi rappresentativi dei soggetti tenuti alla trasmissione, che da sempre si sono battuti nella direzione volta a sostenere l’esigenza di semplificazione.

Entrata in vigore
La norma, se così sarà convalidata entrerà in vigore dal 01.01.2016 e potrà essere applicata fin già per gli adempimenti in scadenza il 7 marzo 2016 per la Certificazione Unica ed il 31 luglio per il modello dei sostituti d’imposta (770), in relazione quindi agli adempimenti dovuti per il periodo d’imposta 2015.
Pertanto fin da subito, qualora con la certificazione unica saranno forniti all’Agenzia delle entrate i medesimi dati previsti per il 770, quest’ultimo adempimento potrà essere risparmiato.

770 e CU
Si ricorda infatti che, per molti versi, i dati richiesti nella Certificazione unica per autonomi e lavoratori dipendenti sono esattamente quelli che poi devono essere riepilogati nel modello 770. Il tutto quindi con la conseguenza che i dati già trasmessi in marzo dovrebbero essere inseriti anche nella dichiarazione dei sostituti d’imposta da inviare a fine luglio. Insomma una inutile duplicazione di adempimenti.
Per queste ragioni la novella viene accolta con grande soddisfazione da parte degli addetti ai lavori.

Certificazione unica
Nessuna novità invece in relazione all’unificazione delle scadenze fra l’invio telematico della Cu e la consegna al sostituito.
In questo senso si ricorda che Il sostituto d’imposta deve compilare la Certificazione unica da consegnare al sostituito seguendo lo stesso tracciato (schema) previsto dal modello approvato con il Provvedimento del 15 gennaio scorso. Si evidenzia infatti che, non è più possibile procedere attraverso la compilazione di certificazioni con lo schema “libero” senza riportare i dati nel tracciato previsto dall’agenzia delle entrate (Provv. 15.01.2015).
Pertanto lo stesso modello di certificazione che deve essere inviato all’agenzia delle entrate in via telematica entro il 7 marzo 2016, va inoltrato ai percipienti (dipendente o lavoratore autonomo) in duplice copia (consegna a mano, via posta, anche non raccomandata, tramite e-mail o pec) già entro la scadenza 28 febbraio.
In caso d’invio tardivo al sostituito della certificazione va dunque chiarito quali siano le conseguenze sanzionatorie di tale comportamento.
In questo senso, non si registra alcuna apertura per una possibile unificazione delle due scadenze portando al 7 marzo anche quella relativa alla consegna al sostituito. 

http://www.fiscal-focus.it/quotidiano/fiscale/fisco/certificazione-unica-in-sostituzione-del-770,3,70965