mercoledì 31 ottobre 2012

EQUITALIA CANCELLA D'UFFICIO LE IPOTECHE PER SOMME INFERIORI AGLI 8 MILA EURO




Con Direttiva interna, Equitalia ha previsto l'annullamento delle ipoteche iscritte per debiti tributari e previdenziali di importo inferiore agli 8.000 euro, anche nel caso in cui non vi sia una esplicita istanza del contribuente.
Per l'annullamento d'ufficio, il documento prevede un ordine prestabilito da seguire: in prima battuta verranno cancellate le ipoteche che gravano sui debitori per i quali è già stata avviata la procedura cautelare od esecutiva, sarà poi il turno di coloro che sono debitori di somme superiori ai 20.000 euro.
In ogni caso, nonostante la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria, l'azione esecutiva proseguirà con altri strumenti come, ad esempio, il fermo amministrativo od il pignoramento. 


FIRMATO IL MODELLO PER LA DICHIARAZIONE IMU


Ieri, 30 ottobre 2012, è stato firmato il modello, unitamente alle relative istruzioni, di dichiarazione IMU.
L’art. 9, comma 6 del DLgs. n. 23/2011, infatti, ha demandato ad un apposito decreto del Ministero dell’Economia e Finanze, sentita l’ANCI, l’approvazione del modello dichiarativo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 12-ter del DL n. 201/2011, conv. L. n. 214/2011, inoltre, lo stesso decreto disciplina i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione.
Per quanto concerne i termini di presentazione del modello, l’art. 4, comma 5, lett. i) del DL 201/2011, conv. L. 214/2011, aggiungendo l’art. 12-ter del DL 16/2012, conv. L. 44/2012, ha stabilito che i soggetti passivi sono tenuti a presentare la dichiarazione entro 90 giorni dalla data in cui, a seconda dei casi, ha avuto inizio il possesso dell’immobile, ovvero si sono verificate variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. Quello di 90 giorni rappresenta quindi il termine ordinario, “a regime”.
Originariamente, l’art. 13, comma 12-ter del DL 201/2011 convertito, prevedeva che, per gli immobili per i quali l’obbligo dichiarativo è sorto dal 1° gennaio 2012, la dichiarazione dovesse essere presentata entro il 30 settembre 2012 (il termine slittava al 1° ottobre 2012 in quanto il 30 settembre è domenica). Dato che all’originaria scadenza del 30 settembre il modello dichiarativo non era ancora stato approvato, si è reso necessario il suo differimento.
L’art. 9, comma 3 del DL 10 ottobre 2012 n. 174 (che dovrà essere convertito in legge entro il 9 dicembre 2012), pertanto, ha prorogato:
- al 31 ottobre 2012 il termine entro cui i Comuni possono approvare o modificare, sulla base dei dati aggiornati, il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo (art. 13, comma 12-bis del DL 201/2011;
-al 30 novembre 2012 il termine per la presentazione della dichiarazione IMU 2012 per gli immobili per i quali l’obbligo dichiarativo è sorto dal 1° gennaio 2012 (art. 13, comma 12-ter del DL 201/2011).

Oltre a consentire a milioni di contribuenti di adempiere all’obbligo dichiarativo, il differimento avrebbe anche il pregio di allinearsi alle altre scadenze previste per l’IMU: quella per la delibera dei regolamenti e delle aliquote da parte dei Comuni e quella relativa alla chiusura dei bilanci preventivi (termine che quest’anno è slittato al 31 ottobre 2012, proprio a causa delle tante incertezze legate al gettito IMU per ogni ente e quindi ai tagli compensativi ai fondi di riequilibrio).
Per garantire al contribuente il rispetto del termine di 90 giorni per la presentazione della dichiarazione, tuttavia, così come chiarito dalla circ. Min. Economia e Finanze 18 maggio 2012 n. 3/DF, se l’obbligo dichiarativo è sorto, ad esempio, il 31 ottobre 2012, il contribuente dovrebbe poter presentare la dichiarazione IMU entro il 29 gennaio 2013.
Obbligo dichiarativo quando il Comune delibera riduzioni di aliquote
Tornando al modello dichiarativo, e relative istruzioni, approvato e rivisto in seguito alla consultazione pubblica avviata dal Ministero delle Finanze che si è conclusa il 19 ottobre scorso, si segnala che, a differenza di quanto contenuto nelle prime bozze, l’obbligo di presentazione dovrebbe riguardare soltanto i contribuenti per i quali i Comuni hanno deliberato riduzioni di aliquote.
Così, ad esempio, per gli immobili posseduti da soggetti IRES, per gli immobili relativi a imprese commerciali, per gli immobili che costituiscono beni strumentali per l’esercizio di arti e professioni e per gli immobili locati, la dichiarazione IMU dovrebbe essere presentata soltanto nel caso in cui il Comune abbia deliberato la riduzione dell’aliquota ai sensi dell’art. 13, comma 9 del DL n. 201/2011.
Le istruzioni del modello approvato, inoltre, dovrebbero contenere un’elencazione degli immobili per i quali i proprietari saranno chiamati alla dichiarazione IMU 2012.
In generale, infatti, la dichiarazione IMU dovrà essere presentata nei casi in cui le modificazioni soggettive e oggettive che danno luogo a una diversa determinazione dell’imposta dovuta riguardino riduzioni d’imposta oppure non siano immediatamente fruibili da parte dei Comuni attraverso la consultazione della banca dati catastale.
Così come per l’ICI, anche in relazione all’IMU la dichiarazione non deve essere presentata quando gli elementi rilevanti ai fini dell’imposta dipendono da atti per i quali risultavano applicabili le procedure telematiche relative al modello unico informatico (MUI) oppure quanto il contribuente ha seguito le specifiche modalità per il riconoscimento di agevolazioni stabilite dal Comune nel proprio regolamento.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_395499.aspx

martedì 30 ottobre 2012

NELLA LOCAZIONE DI FABBRICATI, ALTERNATIVITA' PARZIALE FRA IMPOSTA DI REGISTRO ED IVA


Nelle locazione di fabbricati, il principio di alternatività tra IVA e imposta di registro vale solo per gli immobili abitativi.
Infatti, le locazioni di immobili strumentali sono soggette ad imposta di registro proporzionale, sia ove l’atto sia imponibile IVA, che esente dal tributo.
Invece, per quanto concerne le locazioni di immobili abitativi, ove l’operazione risulti imponibile ad IVA, l’imposta di registro trova applicazione in misura fissa. Inoltre, le locazioni di fabbricati abitativi esenti da IVA si considerano “soggette ad IVA” ai fini dell’applicazione del principio di alternatività IVA-registro e, pertanto, sono soggette ad imposta di registro in misura proporzionale.
Dunque, per quanto concerne l’imposta di registro, vi sono modifiche conseguenti all’entrata in vigore del DL n. 83/2012, che ha cambiato le carte in tavola in materia di IVA, solo con riferimento a questa tipologia di immobili.
I contratti di locazioni di fabbricati ubicati nel territorio dello Stato devono essere registrati (minimo imposta 67 euro) nel termine di 30 giorni (termine fisso) dalla data di stipulazione dell’atto, a prescindere dall’esenzione o dall’imponibilità ad IVA. Sono pure soggetti a registrazione in termine fisso i contratti formati per iscritto nel territorio dello Stato aventi ad oggetto immobili situati all’estero.
Per tutti i contratti di durata pluriennale, come noto, l’imposta di registro può essere assolta, alternativamente, con frequenza annuale per ciascun anno di durata del contratto o in un’unica soluzione per l’intera durata del contratto.
Sono esclusi i contratti formati per scrittura privata non autenticata di durata non superiore a 30 giorni complessivi nell’anno, i quali sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso (cfr. DPR n. 131/1986). Nel caso di contratti di locazione di durata ultranovennale, è prevista, inoltre, anche la trascrizione nei registri immobiliari e il pagamento dell’imposta ipotecaria in misura fissa (168 euro).
Anche il comodato di immobile non sfugge all’obbligo di registrazione
Anche il comodato di immobile non sfugge all’obbligo di registrazione da richiedersi entro 20 giorni:
- dalla data della stipula (se formato per atto pubblico o scrittura privata);
- dall’ultima autenticazione (se per scrittura privata autenticata);
- dall’inizio dell’esecuzione (se trattasi di contratto verbale).
Non deve, invece, registrarsi l’accordo di riduzione del canone immobiliare stipulato con scrittura privata non autenticata, anche se le parti possono comunque registrarlo volontariamente allo scopo di ridurre l’imposta proporzionale dovuta per le annualità successive (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 60 del 2010).
Nel caso di omessa registrazione dei contratti di locazione, è prevista:
- la nullità di ciò che è pattuito nel contratto;
- una sanzione che va dal 120% al 240% dell’imposta dovuta;
- nonché, laddove il contratto sia stipulato da privati e in relazione ad esso sia possibile optare per la cosiddetta “cedolare secca”, effetti negativi per il locatore sulla durata del contratto e sull’ammontare del canone.
La disciplina prevista per le locazioni si applica anche alle sub-locazioni (circolare Agenzia delle Entrate n. 12/2007).

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_399139.aspx

lunedì 29 ottobre 2012

L'ATTUALE REGIME DELL'IVA PER CASSA ABROGATO DAL 1° DICEMBRE 2012


Il decreto attuativo ha previsto che la nuova disciplina dell’IVA per cassa si applicherà alle operazioni effettuate dal 1° dicembre 2012.
Pertanto, in conformità all’art. 32-bis, comma 5, del DL n. 83/2012, da tale data sarà abrogato l’attuale regime, regolato dall’art. 7 del DL n. 185/2008, mentre resta confermata l’esigibilità differita a tempo indeterminato per le operazioni di cui all’art. 6, comma 5, secondo periodo, del DPR n. 633/1972, come quelle poste in essere nei confronti dello Stato e di altri enti pubblici.
La decorrenza anticipata rispetto a quella prevista dalle bozze di decreto, fissata al 1° gennaio 2013, potrebbe essere dovuta all’esigenza di evitare una possibile censura da parte degli organi comunitari laddove lo Stato italiano non avesse concluso in tempo utile la procedura di consultazione prevista dall’art. 167-bis della Direttiva IVA.
Gli Stati membri che applicano il nuovo sistema dell’IVA per cassa sono tenuti a stabilire, per i fornitori interessati ad accedervi, una soglia basata sul fatturato annuo non superiore a 500mila euro, elevabile fino a 2 milioni di euro previa consultazione del Comitato IVA; quest’ultima non è indispensabile per i soli Stati membri che, al 31 dicembre 2012, applichino una soglia superiore a 500 mila euro.
L’Italia, avendo adottato la soglia di 2 milioni di euro ex art. 32-bis, comma 1, del DL n. 83/2012, avrebbe dovuto consultare il Comitato IVA dato che, a fine 2012, il limite di volume d’affari previsto dall’attuale regime sarebbe stato di 200mila euro. Anticipando l’applicazione delle nuove disposizioni al 1° dicembre 2012 si evita pertanto l’obbligo in esame, dato che, alla fine dell’anno, la soglia sarà pari a 2 milioni di euro.
Resta, tuttavia, da verificare la legittimità, sempre sul piano comunitario, di tale decorrenza anticipata, considerato che il nuovo regime è stato novellato dalla Direttiva n. 2010/45/UE, le cui disposizioni si applicano a partire dal 1° gennaio 2013.
In assenza di autorizzazione, la decorrenza anticipata potrebbe essere illegittima in quanto il sistema dell’IVA per cassa deroga il principio di simmetria (di cui all’art. 19, comma 1, del DPR n. 633/1972) sia dal lato del cliente, che può esercitare la detrazione anche se l’imposta assolta in rivalsa non è ancora esigibile, sia dal lato del fornitore, il cui diritto di detrazione resta sospeso finché non paga l’imposta dovuta sugli acquisti posti in essere.
A conferma di questa eventualità può richiamarsi la posizione espressa dalla Corte di Giustizia nella causa C-285/10 (Campsa Estaciones de Servicio), riguardante l’applicazione del valore normale, in luogo del corrispettivo pattuito, per la determinazione della base imponibile di determinate operazioni fra soggetti collegati. La Spagna, in particolare, è stata condannata perché, senza autorizzazione, ha imposto il criterio del valore normale prima dell’entrata in vigore della Direttiva n. 2006/69/CE, che ne ha previsto l’obbligo per tutti gli Stati membri.
Come anticipato, nel passaggio al nuovo regime, quello attuale sarà abrogato dal 1° dicembre 2012.
Molti operatori si stanno chiedendo quale sia il periodo di computo dell’IVA “in sospeso” sulle operazioni attive e passive effettuate fino al 30 novembre 2012 nel caso in cui, a tale data, le relative fatture non siano state ancora incassate/pagate.
Dal lato del cliente, per esempio, è stato ipotizzato che l’IVA a credito possa essere detratta a partire da novembre 2012 in quanto riferita ad operazioni assoggettate ad un regime abolito dal mese successivo, ovvero a decorrere da dicembre 2012 dato che, nel nuovo regime, la detrazione non è più “agganciata” al pagamento.
Dal lato del fornitore, invece, a destare confusione sono le norme contenute nel decreto attuativo che regolano il termine dell’opzione e, quindi, la fuoriuscita dal regime. Si è così immaginato che l’IVA a debito debba essere in ogni caso computata nella liquidazione di novembre 2012 anche se le fatture attive non sono state incassate.
In attesa di un chiarimento ufficiale, la soluzione che appare preferibile, in assenza di una disciplina transitoria specifica sul punto, è quella basata sull’effettuazione dell’operazione, quale criterio da assumere, sul piano temporale, per individuare il regime applicabile alle operazioni attive e passive con IVA “in sospeso”.
In altri termini, le operazioni effettuate in applicazione dell’attuale regime restano assoggettate al medesimo, sicché l’IVA a debito e a credito deve essere computata nella liquidazione del periodo (mese o trimestre) in cui le relative fatture vengono, rispettivamente, incassate e pagate, anche se dopo il 30 novembre 2012.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_399038.aspx

venerdì 26 ottobre 2012

IMU E COMUNI: ULTIMI GIORNI PERLE ALIQUOTE


Il 31 ottobre scade il termine per i Comuni per deliberare le aliquote Imu definitive

Premessa – Ai comuni rimane poco tempo per deliberare le aliquote Imu. Specialmente nei municipi più piccoli, il confronto con la nuova imposta e le sue possibilità non è stato facile, soprattutto per il peso che l'Imu ha nel bilancio. E questo spiega il ritardo nelle decisioni cruciali sulle aliquote e sulle agevolazioni. Ora ormai il termine del 31 ottobre si sta avvicinando e non è più possibile prorogare la decisione.
Aliquote e detrazioni Imu - I Comuni, ai sensi del comma 12-bis del citato art. 13, entro il 30.9.2012 potevano approvare/modificare il regolamento e le delibere relative alle aliquote e detrazioni IMU. Sul punto, infatti, il citato comma 12-bis dispone che: “Entro il 30 settembre 2012, sulla base dei dati aggiornati, ed in deroga all’articolo 172, comma 1, lettera e), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e all’articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i comuni possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo”.
Proroga - Successivamente l’art. 9, comma 3, lett. a), D.L. n. 174/2012, ha prorogato il suddetto termine al 31.10.2012. Come desumibile dalla Relazione illustrativa al citato Decreto, la modifica ha la funzione di “allineare” il suddetto termine con il differimento, disposto dal comma 1 del medesimo art. 9, al 31.10.2012, del termine entro il quale i Comuni devono deliberare il bilancio previsionale per il 2012.
Aumento - Le statistiche effettuate nei giorni scorsi dalla stampa specializzata indicano che l’aliquota ordinaria in 8 comuni su 10 aumenterà. Tale aliquota verrà utilizzata dai contribuenti per il saldo del 17 dicembre prossimo. Per fare qualche esempio, il comune di Reggio Emilia ha aumentato al 9,6 per mille l’aliquota da utilizzare a saldo per gli “altri immobili” (si ricorda che l’aliquota è gravata dalla quota d'imposta statale per il 3,8 per mille) e arrivando al 10,6 per mille con l’aliquota maggiorata deliberata per immobili a disposizione. Anche a Vicenza viene confermata l’aliquota base del 9,6 per mille per gli immobili soggetti ad aliquota ordinaria e del 10,6 per mille per gli sfitti da almeno 2 anni. Torino adotta l’aliquota più alta del 10,6 per mille addirittura per tutti gli immobili non adibiti ad abitazione principale e diversi dalle altre categorie, facendo distinzione tra l’aliquota adottabile per le aree edificabili (agevolata al 9,6 per mille) e quella per le abitazioni date in uso ai parenti di primo grado (invariata rispetto alla base pari al 7,6 per mille anche a saldo).
 

ERRATA INDICAZIONE DEI COSTI BLACK LIST

 La correzione avviene mediante ravvedimento operoso

Premessa – Le imprese che nel 2011 hanno sostenuto costi relativamente ad operazioni (acquisti di beni e prestazioni di servizi) intercorse con soggetti domiciliati in Paesi o territori extra-UE a fiscalità privilegiata (c.d. paradisi fiscali) devono evidenziarli nel mod. Unico 2012. Qualora questo non fosse stato fatto oppure fosse avvenuto in modo sbagliato è possibile rimediare mediante ravvedimento operoso.
Costi black list - Come noto, in base a quanto disposto dall’art. 110, comma 10, TUIR, “le spese e gli altri componenti negativi” derivanti da operazioni effettuate con soggetti di Paesi a fiscalità privilegiata individuati dalla c.d. “black list” sono, in generale, indeducibili, salva la sussistenza delle c.d. circostanze esimenti. Infatti, qualora l’impresa italiana fornisca la prova che l’impresa estera svolga prevalentemente un’attività commerciale ai sensi dell'art. 2195, C.c. ovvero, in alternativa le operazioni siano state effettivamente eseguite e le stesse rispondano a un interesse economico effettivo, le predette spese/costi diventano deducibili.
Indicazione in Unico - Gli stessi devono, però, essere “separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi”, utilizzando gli specifici righi previsti. In particolare va riportato tra le variazioni in aumento, l'ammontare complessivo dei costi delle operazioni intercorse con imprese domiciliate nei paradisi fiscali e tra le variazioni in diminuzione, la parte deducibile dei costi per la sussistenza delle predette circostanze.
Conseguenze - Si rammenta che la separata indicazione delle spese/costi nella dichiarazione dei redditi fino al 31.12.2006 costituiva una condizione essenziale ai fini della deducibilità degli stessi, mentre dall’1.1.2007 non è richiesta ai fini della deducibilità degli stessi, essendo questa subordinata esclusivamente alla presenza delle predette esimenti. In caso di mancata indicazione è comunque applicabile una sanzione particolarmente onerosa.
Ravvedimento - Tale irregolarità può essere sanata tramite una dichiarazione integrativa, prima dell’avvio dei controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria ed entro il termine di decadenza dell’accertamento. Ciò consente l’applicazione delle sanzioni in misura attenuata. Peraltro, qualora la dichiarazione integrativa sia inviata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, è possibile usufruire della riduzione delle sanzioni prevista dal ravvedimento operoso.
Le sanzioni ridotte – In particolare se il ravvedimento interviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui la violazione è commessa, la sanzione da versare (codice tributo «8911») è di 32 euro (25 per le violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011), mentre successivamente è pari a 258 euro (in questa particolare ipotesi è ammesso il ravvedimento anche oltre l'anno). Secondo la circolare 46/E/2009, a controlli iniziati il ravvedimento diviene inefficace e si applica la sanzione specifica del 10% dei costi non indicati, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50mila euro (articolo 8, comma 3-bis, del D.Lgs. 471/97).
 

LA COMMISSIONE FINANZE BOCCIA I TAGLI SU ONERI DEDUCIBILI E DETRAIBILI


Non c’è tregua per il Ddl. di stabilità approvato dal Governo. Il mix di misure fiscali del provvedimento, in particolare per ciò che concerne IRPEF e IVA, non convince la Commissione Finanze della Camera che, ieri, ha approvato una relazione contenente una serie di osservazioni e di condizioni per poter riferire favorevolmente.
Innanzitutto, la Commissione evidenzia che le misure di riduzione dell’IRPEF per i primi due scaglioni di reddito risultano formulate in termini a volte eccessivamente drastici e che l’effettiva riduzione dell’imposizione sui singoli contribuenti risulta modesta, anche perché, alla riduzione delle aliquote, è stata collegata, per esigenze di copertura finanziaria, una forte riduzione delle possibilità di detrazione e deduzione di spese e oneri, che introducono, per i contribuenti con reddito superiore a 15.000 euro, una franchigia di 250 euro alle spese e, per gli oneri detraibili di cui all’art. 15 del TUIR, anche un limite complessivo di 3.000 euro di detrazioni per ciascun periodo d’imposta, dal quale sono escluse solo le detrazioni spettanti per le spese sanitarie. Inoltre – si legge nella relazione – l’impatto congiunturale complessivo di tali misure è difficilmente quantificabile e la previsione di retroattività, in deroga allo Statuto del contribuente, delle modifiche ai regimi di detrazione e deduzione finisce per raddoppiare l’effetto d’inasprimento.
Per la Commissione, dunque, a tali problematiche si potrebbe ovviare o ripristinando l’iniziale impostazione di destinare tutte le risorse disponibili alla sterilizzazione dell’incremento delle aliquote IVA, o correggendo le misure sull’IRPEF modulando meglio la combinazione con gli interventi in materia d’imposta sul valore aggiunto, ad es. intervenendo solo sull’aliquota relativa al primo scaglione di reddito, eliminando la retroattività delle restrizioni per detrazioni e deduzioni, operando un intervento più selettivo sulle detrazioni attraverso lo strumento della delega che il Ddl. per la riforma fiscale attribuisce al Governo per la revisione complessiva delle tax expenditures e affrontando il problema dei contribuenti incapienti.
Sulla base di tali premesse, le condizioni per una delibera a favore del Ddl. di stabilità sono:
- sopprimere le norme, riguardanti la modifica dei regimi di deducibilità e detraibilità degli oneri di cui agli artt. 10 e 15 del TUIR che, in deroga allo Statuto del contribuente, il provvedimento applicherebbe dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, perché tale previsione viola il principio di irretroattività delle norme tributarie e si pone in contrasto con l’esigenza di tutelare l’affidamento e la buona fede del contribuente;
- in relazione all’art. 12, comma 30 del Ddl., che abroga il regime tributario agevolato previsto in favore delle società agricole dall’arti. 1, commi 1093 e 1094 della L. n. 296/2006 e stabilisce che le opzioni per l’applicazione del predetto regime già esercitate perdano efficacia dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, ancora in deroga allo Statuto, si provveda a eliminare la previsione di retroattività che potrebbe avere gravi effetti su un settore già provato dalla crisi economica e dalla concorrenza internazionale e sul quale incidono anche le previsioni recate dal comma 29 sulla rivalutazione dei redditi dominicali e agrario e del valore catastale dei terreni agricoli.
Nella sua relazione, la Commissione ha poi elencato una serie di osservazioni, sottolineando, in primo luogo, la necessità di adottare tutte le misure utili a scongiurare la prospettiva d’incrementare ancora le aliquote IVA, date le conseguenze negative che potrebbero avere sulle già deboli aspettative di ripresa dell’economia italiana.
In generale, quindi, si rileva la necessità di verificare se l’insieme delle norme dell’art. 12 del Ddl. è sufficiente ad avviare un processo, ancorché progressivo, di riduzione della pressione fiscale su redditi da lavoro e attività imprenditoriali.
In particolare, in ambito IRPEF, secondo la Commissione, le norme relative alla franchigia di 250 euro e al tetto massimo di 3.000 euro, così come formulate, rischiano di dar luogo a incertezze sulla loro effettiva applicabilità, rischiando quindi l’emergere di contenziosi.
Oltre, poi, all’opportunità di specificare, almeno in linea di principio, le caratteristiche essenziali dell’agevolazione per l’incremento della produttività del lavoro, si richiede di eliminare l’IVA al 10% per le prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative sociali e dai loro consorzi in esecuzione di contratto d’appalto e di convenzioni, perché potrebbe avere ricadute negative sull’erogazione dei servizi.
Infine, sulla “Tobin tax”, la Commissione osserva che si dovrebbe distinguere, a parità di gettito, l’aliquota d’imposta applicabile alle transazioni relative ad azioni e quella per gli strumenti derivati e differenziare, nella categoria degli strumenti finanziari derivati, tra quelli stipulati per finalità solo speculative e quelli il cui uso è direttamente connesso all’operatività di soggetti imprenditoriali.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_398989.aspx

giovedì 25 ottobre 2012

SANZIONI PER FATTURE INESISTENTI


Nelle fatture per operazioni inesistenti, sia il cedente sia il cessionario incorrono in sanzioni penali e amministrative, per cui opera il principio di specialità, che impone, in tal caso, l’applicazione della sola sanzione “speciale”, ovvero di quella penale.
Dal punto di vista amministrativo, il cedente che emette una fattura per operazioni in parte o per l’intero inesistenti rimane obbligato al versamento dell’IVA come prevede il settimo comma dell’art. 21 del DPR 633/72, e, di conseguenza, ne dovrebbe derivare il susseguente obbligo di registrazione, pena la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato.
Penalmente, è integrato il delitto di cui all’art. 8 del DLgs. 74/2000, che punisce l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Invece, il cessionario, che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, non può detrarre, può realizzare sia l’indebita detrazione (art. 6, comma 6 del DLgs. 471/97) sia l’infedele dichiarazione (art. 5 del DLgs. 471/97).
Sul versante penale, opera l’art. 2 del DLgs. 74/2000, che punisce la dicharazione fraudolenta mediante inserimento di fatture per operazioni inesistenti.
La specialità acquista in tal caso gran rilievo, siccome la fattispecie è alquanto frequente ed entrambi i delitti non prevedono alcuna soglia di punibilità.
Il cedente, come detto, commette la violazione di omessa registrazione se emette una fattura falsa e poi non la registra. È legittimo in tal caso sollevare dubbi sul principio di specialità, siccome le due norme non colpiscono il medesimo fatto: la sanzione amministrativa punisce l’omessa registrazione e non l’emissione in sé (a meno che non si intenda considerare l’obbligo di versamento del tributo indicato in fattura alla stregua di una sanzione), mentre il reato l’emissione della fattura.
Ammettendo la specialità, vi sarebbe poi il problema delle violazioni ripetute diverse volte nel medesimo periodo d’imposta, visto che ai fini penali si ha un solo reato ma ai fini amministrativi tante sanzioni quante sono le violazioni.
Se c’è reato, sanzioni non riscuotibili
Per il cessionario, la specialità non opera qualora egli si limiti ad esercitare il diritto di detrazione senza inserire la fattura in dichiarazione, poiché l’art. 2 del DLgs. 74/2000 è chiaro nel richiedere l’inserimento del documento in dichiarazione per la rilevanza penale della condotta.
Ove, invece, la fattura sia portata in detrazione e inserita in dichiarazione, c’è la specialità e la sanzione amministrativa non si applica, con susseguente operatività dell’art. 21 del DLgs. 74/2000.
In effetti, qui, dal punto di vista amministrativo c’è il concorso di norme tra indebita detrazione e dichiarazione infedele, quindi l’Ufficio potrebbe irrogare la sanzione unica ex art. 12 del DLgs. 472/97, allora dovrebbe entrare in gioco il terzo comma dell’art. 21.
Nella fattispecie in cui il contribuente si trovi in una situazione in cui operi la specialità, deve perciò fare molta attenzione, perché, come detto, deve essere sospesa la riscossione della sanzione, come dice il richiamato art. 21.
Allora, egli dovrà come di consueto proporre ricorso contestando le sanzioni per un qualsivoglia motivo in sede di impugnazione dell’accertamento, ma se venisse, successivamente, notificata la cartella o un altro atto esattivo o cautelare, egli dovrà paralizzare il tutto sollevando il principio di specialità.
Infine, si evidenzia che, sia per il cedente che per il cessionario (in relazione al quale, però, potrebbero sussistere dubbi nel caso delle fatturazioni soggettivamente inesistenti), per la circolare 180 del 1998 non può essere utilizzato il ravvedimento operoso, posto che il fatto di aver emesso o usato una fattura falsa non può essere considerato un errore o una omissione.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_398653.aspx

mercoledì 24 ottobre 2012

ACCERTAMENTO DA STUDI DI SETTORE


In caso di ricorso alla metodologia della ricostruzione induttiva fondata sugli studi di settore, l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti, ma può fondare l’avviso di accertamento anche su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente.
A questa conclusione è giunta di recente la Sezione tributaria della Corte di Cassazione che, con l’ordinanza del 4 ottobre scorso, n. 16939, ha legittimato il comportamento dell’Amministrazione finanziaria non necessariamente ancorato al riscontro pedissequo e completo dei dati propedeutici alle risultanze degli studi di settore; a condizione, però, che sussistano altri elementi che possano suffragare la presunzione della condotta evasiva.
La vicenda rimessa ai giudici di legittimità riguardava il caso di un contribuente nei cui confronti il giudice di secondo grado osservava che l’atto impositivo si basava, sì, sugli studi di settore, ma anche alla stregua del reddito dichiarato dal contribuente e, quale ulteriore elemento corroborante le presunzioni, considerava la circostanza che il medesimo avesse acquistato un’autovettura Mercedes e un’imbarcazione negli anni successivi a quello accertato, in aggiunta a tre altre auto possedute, oltre a un immobile di otto vani.
Pertanto, con l’ordinanza in commento, la Sezione tributaria ha ribadito come l’Amministrazione finanziaria possa fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili “dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta”, sia sugli studi di settore: per questi ultimi, però, l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore medesimo, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente (cfr. anche Cass. n. 16430 del 27 luglio 2011).
Nel caso di specie, trattandosi di un contribuente persona fisica, le risultanze di Gerico venivano ulteriormente supportate dagli “incrementi patrimoniali” conseguiti dal contribuente negli anni successivi a quello accertato, incrementativi di un patrimonio già considerevole: una correlazione resa possibile, e convincente, per il caso di specie proprio grazie alla soggettività tributaria del contribuente (ben diversa sarebbe stata la questione laddove il soggetto accertato da studi fosse stata una società di capitali e la liaison avesse interessato “personalmente” i soci).
In sostanza, il giudice di merito aveva avvalorato l’“anomalia” degli incrementi patrimoniali realizzati successivamente al periodo d’imposta caratterizzato dalla “non congruità”, in ordine alla quale, peraltro, il contribuente non aveva fornito elementi sufficienti a vincere la relativa presunzione legale (relativa).
Possibili punti di contatto tra studi e nuovo accertamento sintetico
L’ordinanza è interessante perché convalida la condotta tenuta dall’Ufficio che, probabilmente, rappresenterà una costante nel prossimo futuro: la possibilità che, nel corso dell’attività istruttoria a carico di un contribuente, possano essere “innestate”, a fini rafforzativi delle presunzioni, ulteriori variabili anche riferibili a diverse metodologie di controllo.
Pertanto, non soltanto punti di contatto tra studi di settore e “vecchio” redditometro, ma anche, per stare all’attualità, con il nuovo accertamento sintetico – tanto nella sua declinazione della ricostruzione fondata sulla spesa “effettiva” quanto su quella “coefficientata” relativa al nuovo paniere dei 100 elementi indice di capacità contributiva – e con le risultanze finanziarie – siano esse derivanti da indagini condotte ordinariamente ovvero “sinteticamente”, ossia relative al riscontro dell’andamento dei saldi nel corso del periodo d’imposta secondo la nuova e più spedita modalità varata dalla manovra di Natale dello scorso anno.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_398767.aspx

FORNITORI ALIMENTARI, DA OGGI SI VENDE SOLO CON IL CONTRATTO


Da oggi scatta l'obbligo di stipulare in «forma scritta» i contratti aventi a oggetto prodotti agricoli e alimentari. E, per il mancato rispetto dei termini di pagamento fissati per legge in 60 giorni (o 30 giorni per i prodotti deteriorabili), oltre agli interessi sempre dovuti, pene fino a 500 mila euro, avuto riguardo al fatturato e alla recidività dei ritardi. Questo ciò che emerge dalla lettura dell'art. 62, dl n. 1/2012 («decreto liberalizzazioni») e dal decreto attuativo, emanato dal ministero delle politiche agricole di concerto con il ministero dello sviluppo economico.
In sintesi, gli accordi che hanno per oggetto la cessione di prodotti agricoli, di qualsiasi genere e alimentari, devono essere «obbligatoriamente» stipulati in forma scritta e devono contenere, a pena di nullità, la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto ceduto, nonché il prezzo, le modalità di consegna e i termini di pagamento. Quest'ultimo è il vero punto cruciale della questione giacché nel comparto agricolo i termini di pagamento sono da sempre alquanto diluiti (si arriva anche a 18 mesi per taluni prodotti non edibili come le piante ornamentali), mentre il comma 3, del citato art. 62 ha disposto che il pagamento del prezzo ai fornitori deve essere eseguito nel termine di 30 giorni dal ricevimento della fattura per i prodotti deteriorabili e di 60 per le altre merci, a prescindere dalle controparti.
Il termine per il pagamento della cessione decorre dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura e gli interessi, da determinarsi tenendo conto del saggio legale aumentato di due punti percentuali, decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine, senza che il cedente proceda nella «messa in mora» del debitore e sono sempre applicabili a prescindere dalla volontà delle parti.
Il Consiglio di Stato, con l'adunanza del 27/09/2012 (numero 04203/2012, dello scorso 8 ottobre) ha dato «parere favorevole» alla bozza di decreto di attuazione che, di fatto, è già in vigore, ancorché sia prevista una prossima pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, compiendo rilievi sul difetto di coordinamento del momento di decorrenza automatica degli interessi e sull'identificazione dello stesso saggio che non dovrebbe essere derogabile dalle parti ma ancorato a quello indicato dalla normativa comunitaria, riguardante la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, maggiorato di due punti percentuali.
Il mancato rispetto dei termini di pagamento, oltre che far scattare il calcolo degli interessi, costituisce un illecito sanzionabile con un'ammenda da euro 500 a euro 500 mila, mentre la violazione dell'obbligo della forma scritta e l'assenza dei contenuti obbligatori fa scattare la sanzione da euro 516 a euro 20 mila.
Il Consiglio di stato, però, ha eseguito rilievi anche sulla necessaria presenza di un contratto in forma scritta che dovrebbe presupporre la manifestazione di volontà delle parti che, per espressa previsione («anche priva di sottoscrizione») manca di un requisito negoziale fondamentale, quale la convalida (firma) della controparte. Inoltre, le imprese che emettono una fattura differita, in assenza di una data certa di ricezione del documento e stante il fatto che, in tal caso, il cedente deve considerare la data di consegna dei prodotti, avranno difficoltà a determinare correttamente e per ogni consegna la data di decorrenza degli interessi.
Infine, si segnalano ulteriori problematiche applicative con riferimento al recupero di tutti i dati e informazioni dei «contratti in essere» (per esempio, piante ordinate a gennaio, consegnate a settembre, con pagamento concordato a marzo 2013) alla data del 24 ottobre, che dovranno essere adeguati in forma scritta con l'indicazione di tutti i dati prescritti dalla disciplina in commento, non potendo utilizzare l'integrazione nei documenti originari già emessi (Ddt o fatture), ma dovendo ricorrere all'elaborazione di una scrittura privata ad hoc.

http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201210241223332615&chkAgenzie=ITALIAOGGI&sez=news

PEC ANCHE PER LE DITTE INDIVIDUALI




Secondo quanto stabilito ai commi 1 e 2 dell'art. 5, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, a decorrere dal 20 ottobre 2012 anche le imprese individuali che si iscrivono nel Registro delle imprese o all'Albo delle imprese artigiane avranno l'obbligo di indicare nella domanda di iscrizione l'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC).
Le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale saranno invece tenute a depositare, presso l'ufficio del Registro delle imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) entro il 31 dicembre 2013.
Analogamente a quanto previsto per le società, l'ufficio del Registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa individuale che non ha indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata sospenderà la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata.

martedì 23 ottobre 2012

SEMPLIFICATI 65 DOCUMENTI FISCALI


In parallelo con il lavoro per il taglio degli adempimenti fiscali inutili e troppo costosi, l’Agenzia delle Entrate ha reso noto ieri, a mezzo comunicato stampa, di aver semplificato linguaggio e istruzioni nelle lettere del Fisco e nei modelli maggiormente utilizzati dai contribuenti.
In particolare – si legge nel comunicato – l’Amministrazione finanziaria ha “riscritto” 65 documenti, tra i quali, ad esempio, le domande di rimborso IRPEF e per ottenere una copia della dichiarazione dei redditi e la richiesta di annullamento degli atti non fondati.
Comunicazioni con linguaggio semplificato anche per mediazione tributaria, avvisi di accertamento, lettera per la comunicazione dell’IBAN per gli enti beneficiari del 5 per mille e per il modello utilizzato per chiedere la registrazione dei contratti di locazione.
Di seguito, l’elenco completo degli atti semplificati:
- istanze: di annullamento modello F24 a saldo zero, per consenso a cancellazione ipoteca, per il rilascio del modello 240 relativo alla dichiarazione di successione, di annullamento e correzione F24;
- domanda di rimborso delle imposte dirette;
- richieste di: rimborso delle imposte di registro/ipotecarie/catastali, annullamento della cartella di pagamento per le tasse automobilistiche, certificato di partita IVA, copia della dichiarazione dei redditi, certificato d’iscrizione all’Anagrafe tributaria, certificazione situazione reddituale, esercizio dell’autotutela, autorizzazione alla rivendita e stampa di documenti fiscali, certificato di residenza fiscale, documenti e recapiti – mediazione;
- dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà/copia conforme all’originale e di certificazione/atto di notorietà;
- certificazione reddito percepito per adozione internazionale;
- revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio;
- controllo repertori;
- atti: accertamento tasse auto, accertamento telefonia mobile, liquidazione a titolo definitivo – sentenza;
- lettere: mancata presentazione studi di settore, sintetico, IBAN accredito 5 per mille, di comunicazione per l’acquisizione IBAN 5 per mille (anni 2010-2012);
- inviti: a comparire, a comparire imposta di registro, al contraddittorio – mediazione;
- questionari: locazione, richiesta informazioni, registro;
- avvertenze: cartella di pagamento, comunicaziona irregolarità 36-bis, mediazione avverso avviso di accertamento ordinario e parziale, diniego rimborso IVA e altre imposte indirette, F24 semplificato, mediazione avviso di accertamento ordinario e parziale;
- ricevuta telematica anomalia studi di settore;
- secondo invio comunicazione d’irregolarità 36-bis – elementi sopravvenuti;
- modelli: RLI – registrazione locazione immobili, comunicazione del domicilio per la notifica degli atti e relative istruzioni;
- comunicazioni: improponibilità istanza e istanza con autotutela – mediazione, Unico PF irregolare con F24 e relative avvertenze, scadenza per annualità successiva contratto di locazione e relative avvertenze, da inviare ai grandi contribuenti per l’attivazione casella PEC dedicata;
- accoglimento integrale/parziale mediazione;
- diniego secco – mediazione e mediazione 100%;
- testo a avvertenze avvisi di accertamento automatizzati – 41-bis esecutivo redditi di lavoro dipendente e redditi di fabbricati;
- prospetti: dei crediti allegato alla comunicazione per maggior credito, con esito a debito e contestuale maggior credito;
- certificato iscrizione/cancellazione partita IVA rilasciata telematicamente dalla Direzione centrale Servizi e direttamente al contribuente dalla Direzione provinciale - Ufficio territoriale;
- attestazione di certezza e liquidità dei crediti IVA trimestrale, annuale e relative istruzioni;
- avvisi: di riconoscimento rimborso in favore del contribuente e di un soggetto diverso dal beneficiario, di accertamento imposte dirette e IVA con formula esecutiva, di accertamento automatizzato.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_398658.aspx