giovedì 15 novembre 2012

LE NUOVE REGOLE DEI CONTRATTI AGRICOLI VALGONO SOLO PER LA CESSIONE DI PRODOTTI


Le nuove regole dei contratti agroalimentari, in vigore dal 24 ottobre 2012, si applicano solo alle cessioni dei prodotti, con esclusione quindi dei servizi. È una delle risposte fornite, in via non formale, dal Ministero delle Politiche agricole sull’interpretazione della nuova disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, prevista dall’art. 62 del DL n. 1/2012 (conv. L. 27/2012).
La domanda ha riguardato il servizio di ristorazione scolastica concesso in appalto a imprese che curano acquisto delle derrate alimentari, preparazione dei cibi e somministrazione dei pasti. In estrema sintesi, il Ministero ha ritenuto che la nuova disciplina non si applica ai servizi, ma occorre prestare attenzione all’oggetto dei contratti, se prevedono la cessione dei “prodotti alimentari” o l’acquisizione di uno specifico “servizio”.
Nell’attesa di indicazioni certe sulle nuove regole, è opportuno rimarcarne gli aspetti salienti. A decorrere dal 24 ottobre 2012, cioè dopo sette mesi dalla pubblicazione in Gazzetta della L. n. 27/2012, i contratti che hanno per oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, a eccezione di quelli conclusi con il consumatore finali, devono essere stipulati (obbligatoriamente) in forma scritta e devono riportare, a pena di nullità, la durata, le quantità e le caratteristiche dei prodotti venduti, nonché il prezzo e le modalità sia di consegna, sia di pagamento. I contratti, la cui nullità può anche essere rilevata d’ufficio dal giudice, devono essere predisposti secondo principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai prodotti forniti.
Di conseguenza, tra gli operatori economici, è vietato:
- imporre, direttamente o indirettamente, condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonché condizioni extra-contrattuali e retroattive;
- applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;
- subordinare la conclusione, l’esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle relazioni commerciali all’esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto degli uni e delle altre;
- conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto della relazione commerciale;
- adottare ogni altra condotta commerciale sleale.
Il pagamento del corrispettivo va eseguito entro il termine di 30 giorni per i prodotti alimentari deteriorabili e di 60 giorni per tutti gli altri prodotti. Il termine decorre dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura, mentre gli interessi maturano dal giorno successivo alla scadenza del termine. Il saggio degli interessi applicabile è inderogabilmente maggiorato di due punti percentuali. Di conseguenza, sono stati abrogati espressamente i commi 3 e 4 dell’art. 4 del DLgs. n. 231/2002 e il DM (Attività produttive) 13 maggio 2003.
I “prodotti alimentari deteriorabili” rientrano in una delle seguenti categorie: prodotti agricoli, ittici e alimentari preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a 60 giorni; prodotti agricoli, ittici e alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucri protettivi o refrigeranti, non sottoposti a trattamenti idonei a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a 60 giorni; prodotti a base di carne che presentano le caratteristiche fisico-chimiche aW superiore a 0,95 e pH superiore a 5,2, oppure aW superiore a 0,91, oppure pH uguale o superiore a 4,5; tutte le tipologie di latte.
Il regime sanzionatorio è duro. Infatti, salvo che il fatto costituisca reato, il contraente, a eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi della stipulazione scritta del contratto e degli elementi sopra indicati, soggiace alla sanzione amministrativa pecuniaria da 516 a 20.000 euro. L’entità della sanzione è determinata con riferimento al valore dei beni oggetto di cessione. Per la violazione dei divieti, invece, salvo che il fatto costituisca reato, il contraente (a eccezione del consumatore finale) è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 516 a 3.000 euro. La misura della sanzione è determinata con riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti.
Il mancato rispetto, da parte del debitore, dei termini di pagamento è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 500.000 euro, salvo che il fatto costituisca reato. L’entità della sanzione è determinata in ragione del fatturato dell’azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi.
L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato deve vigilare sull’applicazione delle nuove regole e irrogare le citate sanzioni, ai sensi della L. n. 689/1981. A tal fine, può avvalersi del supporto operativo della Guardia di Finanza.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_400667.aspx

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