venerdì 7 dicembre 2012

RETIFICATA LA CONVENZIONE FRA ITALIA E SAN MARINO


Nella riunione di ieri, il Consiglio dei ministri ha ratificato la Convenzione tra Repubblica italiana e Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali. Lo ha reso noto Palazzo Chigi a mezzo comunicato stampa. “La struttura della Convenzione – si legge nel comunicato – ricalca gli schemi più recenti accolti sul piano internazionale dall’OCSE, con particolare riferimento allo scambio di informazioni fiscali ed al superamento del segreto bancario”.
Si ricorda che nel percorso – intrapreso da San Marino – per l’adeguamento agli standards internazionali di trasparenza e scambio di informazioni, particolare importanza riveste la Convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali siglata a Roma, il 21 marzo 2002, con lo Stato italiano, nonché il relativo Protocollo di modifica sottoscritto in data 13 giugno 2012. Entrambi gli accordi sono stati ratificati da San Marino nel giugno 2012.
La Convenzione – con l’introduzione di un sistema di regole (di natura pattizia) diretto a disciplinare la tassazione dei flussi di reddito transnazionale e a definire i criteri per l’eliminazione della doppia imposizione – tende ad attribuire maggiore certezza agli scambi tra i due Paesi. Ciò in ossequio a quanto previsto dalla Convenzione di Amicizia e Buon Vicinato firmata a Roma il 31 marzo 1939, con l’obiettivo di confermare i legami di amicizia fra l’allora Regno d’Italia e la Repubblica di San Marino, sulla base della comunanza di stirpe e di ideali dei due popoli.
L’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, della Convenzione crea condizioni favorevoli allo sviluppo degli investimenti esteri, tutelati dall’esistenza di un quadro coerente di norme convenzionali in materia tributaria, idoneo a garantire un regolato svolgimento delle operazioni transfrontaliere.
La Convenzione, redatta sulla base del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni dell’OCSE, obbliga i due Stati a:
- rafforzare l’ordinato sviluppo delle relazioni economiche nel contesto di una più ampia e trasparente cooperazione;
- assicurare che i vantaggi concessi dalle disposizioni convenzionali vadano a beneficio esclusivo dei contribuenti che adempiono gli obblighi fiscali.
Per disposizione convenzionale (art. 4), la residenza delle persone giuridiche si determina sulla base del criterio della “sede della sua direzione effettiva”. I due Stati contraenti esamineranno di volta in volta le fattispecie applicative dell’art. 4 della Convenzione in materia di residenza fiscale, tenuto altresì conto della particolare situazione socio-economica e geografica dei due Paesi.
Dividendi, interessi e royalties sono generalmente assoggettati a tassazione nello Stato del percipiente. È tuttavia prevista l’applicazione di una ritenuta alla fonte pari allo 0% dell’ammontare lordo, rispettivamente, di dividendi, interessi e royalties, in presenza di determinate condizioni (beneficiario effettivo, percentuale di partecipazione, periodo di possesso), in linea con quelle previste dalle direttive comunitarie “madre-figlia” e “interessi e royalties”. Si applicano aliquote diverse in tutti gli altri casi.
Una disposizione di particolare rilievo è quella sullo scambio di informazioni, prevista dall’art. 26 della Convenzione. In conformità con la formulazione di cui all’omologo articolo del Modello OCSE (versione del 2005), il par. 1 dell’art. 26 della Convenzione (come modificato dall’Articolo IV del Protocollo) prevede che “(l)e autorità competenti degli Stati contraenti si scambieranno le informazioni verosimilmente pertinenti per applicare le disposizioni della presente Convenzione o per l’amministrazione o l’applicazione delle leggi interne relative alle imposte di qualsiasi genere e denominazione prelevate per conto degli Stati contraenti (…), nella misura in cui la tassazione che tali leggi prevedono non è contraria alla Convenzione, nonché per prevenire l’elusione e l’evasione fiscale”.
Il par. 4 dell’art. 26 obbliga gli Stati contraenti allo scambio di informazioni anche nelle ipotesi in cui le stesse non siano richieste per ragioni fiscali interne. Secondo il par. 5, ciascuno Stato contraente non può rifiutarsi di fornire le informazioni sulla base del fatto che esse siano custodite da banche, altre istituzioni finanziarie, delegati, agenti e fiduciari, ovvero riguardino gli assetti proprietari delle società.
La rilevanza che, in sede di sottoscrizione del Protocollo di modifica, entrambe le delegazioni hanno attribuito allo scambio di informazioni trova riscontro nelle previsioni secondo cui le disposizioni su dividendi, interessi e royalties (in particolare, l’aliquota pari a 0 della ritenuta alla fonte) si applicano soltanto a condizione che sia effettivamente attuato lo scambio di informazioni previsto dall’art. 26.

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_402773.aspx

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