mercoledì 27 febbraio 2013

PER IL TITOLO DI "DOTTORE COMMERCIALISTA" SI DEVE AVER SUPERATO L'ESAME DI STATO

Cassazione Civile, sentenza del 26 febbraio 2013

La sentenza. La Sezione A - commercialisti dell’Albo unico è riservata a chi, dopo la laurea, ha sostenuto l’esame di Stato, all’esito del tirocinio. Lo ha precisato la Suprema Corte di Cassazione – Terza Sezione Civile, con la sentenza n. 4796/13, pubblicata ieri.

Il caso. Il giudizio ha riguardato un ragioniere commercialista, che a seguito del conseguimento della laurea specialistica in Economia ed Organizzazione Aziendale ha chiesto, senza successo, prima al competente Ordine territoriale e poi al Consiglio Nazionale il riconoscimento del titolo di dottore commercialista.

La distinzione
. In relazione all’unica censura mossa dal ricorrente, gli Ermellini hanno premesso che la soppressione, a far data dal 1° gennaio 2008, degli Ordini dei dottori commercialisti e dei Collegi dei ragionieri e periti commerciali e la creazione, al loro posto, di unico ordine territoriale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a opera dell’art. 58 del decreto legislativo n. 139 del 2005, non ha affatto eliminato la distinzione tra i ragionieri commercialisti e i dottori commercialisti né, coerentemente, quella dei requisiti di accesso all’una o all’altra categoria.

Laurea, tirocinio ed esame. L’Albo, ancorché unico, è diviso in due Sezioni, denominate rispettivamente, Sezione A – commercialisti e Sezione B – Esperti contabili e, per l’iscrizione alla Sezione A – commercialisti “è necessario – osserva la Corte - non solo il possesso di una laurea magistrale in scienza dell’economia o in scienze economiche aziendali, oppure altra equipollente, ma il superamento dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista”, all’esito del compimento del periodo di tirocinio. È vero – prosegue la Corte – “che il quarto comma dell’art. 61 (ndr. del D.Lgs. 139/2005), nel regolamentare il passaggio dal vecchio al nuovo sistema, ha previsto l’iscrizione di coloro che alla data del 31 dicembre 2007 fossero inseriti nell’albo dei dottori commercialisti o in quello dei ragionieri e periti commerciali, nella Sezione A commercialisti dell’Albo, ma gli effetti che il ricorrente pretende trarre da tale iscrizione – e cioè la possibilità di avvalersi del titolo di dottore commercialista in ragione del conseguimento di un titolo di laurea astrattamente abilitante, senza avere sostenuto e superato il relativo esame di Stato – sono smentiti dalle disposizioni contenute dagli altri commi dell’art. 61 e sono, in ogni caso, distonici rispetto al sistema”. In particolare, “è sufficiente considerare che i due capoversi successivi della norma transitoria, precisano: a) che l’iscrizione avviene con l’indicazione, relativamente a ciascun professionista, di tutti i contenuti previsti dal comma 6 dell’articolo 34, tra i quali, è bene rimarcarlo, vi è il titolo professionale e di studio posto a base dell’iscrizione (quinto comma); b) che agli iscritti nella Sezione A, già iscritti nell’albo dei dottori commercialisti spetta il titolo di ‘dottore commercialista’, mentre agli iscritti nell’albo dei ragionieri e periti commerciali spetta il titolo di ‘ragioniere commercialista’ (sesto comma)”.

Non basta una laurea. Insomma, a giudizio della Suprema Corte, anche nel regime transitorio, che ha previsto l’iscrizione nella Sezione A dell’Albo sia dei dottori commercialisti che dei ragionieri e periti commerciali, “resta ferma la distinzione tra le due categorie professionali e nulla autorizza a ritenere che per avvalersi del titolo di dottore commercialista sia necessario e sufficiente il solo conseguimento di una laurea magistrale”. Alla luce di tale affermazione di principio, gli Ermellini hanno respinto il ricorso.

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